Giuseppe Lucatelli, Ritratto di Bodoni, 1805-6, Parma, Museo Glauco Lombardi
Veduta di Saluzzo
Bodoni fu tipografo nel senso più ampio del termine, perché stampatore, disegnatore, incisore e fonditore di caratteri con risultati di eccellenza formale sempre esemplari. Nato il 26 febbraio 1740 a Saluzzo (Cuneo) da famiglia di tipografi, compie nella città natale gli studi di “umanità” e nell’officina del padre, Francesco Agostino, le prime esperienze professionali, proseguendo poi  a Torino la sua formazione.

Desideroso di perfezionarsi a Roma, parte da Saluzzo il 15 febbraio 1768. A Roma è impiegato presso la Stamperia della Congregazione di Propaganda Fide, prima come compositore di opere “esotiche” quindi nel delicato compito di riordinare le serie di punzoni per caratteri orientali che Sisto V aveva fatto incidere ai rinomati Garamond e Le Bè. Questo periodo risulta decisivo per l’orientamento di Bodoni quale incisore di caratteri e per il suo interessamento agli alfabeti orientali, lingue delle quali apprende i rudimenti frequentando il Collegio della Sapienza.
Lasciata Roma nel 1766 col proposito di recarsi a Londra, è invece costretto da motivi di salute a trattenersi a Saluzzo.

Congregazione di Propaganda Fide
Fondata nel 1622 da Papa Gregorio XV con il duplice scopo di diffondere il cristianesimo nelle zone dove ancora non era giunto e difendere il patrimonio della fede nei luoghi dove l’eresia l’aveva messo in discussione. Propaganda Fide dunque era, ed è tuttora (dal 1988 si chiama “Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli”) la Congregazione con il compito di organizzare tutta l’attività missionaria della Chiesa. Nel 1626 per volere di Urbano VIII la Congregazione venne dotata di una tipografia poliglotta in cui si stampavano libri in greco, etiopico, illirico, bulgaro, armeno, angolose, persiano, arabo, ebraico, albanese, irlandese.
Prove di frontespizio xilografico copto-arabo stampate da Bodoni a Roma presso la Tipografia di Propaganda fide, 1762
Veduta della Stamperia Reale dal torrente Parma

Nel febbraio del 1768 viene chiamato dal Duca Ferdinando di Borbone a Parma, per impiantarvi e dirigervi la governativa Stamperia Reale, di cui resterà alla direzione per il resto della vita. Bodoni cura la costruzione dei torchi e degli altri utensili: in pochi mesi la Stamperia, collocata nel Palazzo della Pilotta, così come gli alloggi privati del tipografo, è pronta per l’avvio ufficiale.
Inizia subito la collaborazione con l’architetto Petitot e l’incisore Benigno Bossi per la stampa di edizioni celebrative dei fasti del Ducato quali l’Ara Amicitiae in memoria della visita dell’imperatore Giuseppe II e la Descrizione delle feste… per le nozze del Duca Ferdinando con Maria Amalia d’Austria, il più splendido libro italiano di feste adorno di 70 fra tavole fuori testo, capilettera, testate e finalini; entrambe le opere sono del 1769.

Descrizione delle feste celebrate in Parma l’anno MDCCLXIX. per le Auguste nozze di Sua Altezza Reale l’Infante don Ferdinando colla Reale Arciduchessa Maria Amalia, in Parma, nella Stamperia Reale, 1769

Le pubblicazioni dei primi anni di attività sono realizzate utilizzando caratteri provenienti dalla Francia, ma già a partire dal 1771 Bodoni inizia il disegno e la produzione dei propri caratteri (di questo stesso anno è il primo saggio tipografico, Fregi e Majuscole incise e fuse da Giambattista Bodoni Direttore della Stamperia Reale), coadiuvato dai collaboratori, primo fra tutti il fratello Giuseppe chiamato a Parma per sovrintendere alla fonderia.

Collaborazione estremamente fruttuosa è quella tra Bodoni e l’orientalista Gian Bernardo De Rossi per varie pubblicazioni poliglotte, culminate negli Epithalamia exoticis linguis reddita (1775), un grande in-folio encomiastico per le nozze del principe di Piemonte, che esibisce testi in ventisei lingue orientali; si orna di centotrentanove rami allegorici e ornamentali e costituisce uno dei suoi primi campioni di caratteri esotici. La passione per il disegno e l’incisione di caratteri orientali resterà in lui duratura fin oltre il Pater Noster (Oratio Dominica) del 1806, stampato in 155 lingue diverse.

Si susseguono numerose edizioni che impongono i torchi parmensi all’attenzione dei letterati, dei bibliofili e dei viaggiatori del Grand Tour che in città fanno sosta per ammirare le pitture del Correggio e per visitare la tipografia bodoniana. Nell’occasione delle visite di sovrani, Bodoni stampa in loro onore omaggi tipografici quali l’Essai de caractères russes del 1782 per lo zarevic Paolo, figlio della Grande Caterina, e Upomnema Parmense in adventu Gustavi III per il re di Svezia (1784). Inoltre fanno la fama di Bodoni in quei primi decenni Gli amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista tradotti da Annibal Caro (1786), l’Aminta del Tasso (1789), diversi classici greci, l’Aristodemo (1786) e i Versi(1787) del Monti, le Poesie campestri del Pindemonte.

Lo studio della forma delle lettere alfabetiche diviene oggetto esclusivo di presentazione nei “manuali”, ossia i campionari di caratteri che Bodoni andava via via allestendo e perfezionando dal 1771. Sono del 1788 il primo Manuale tipografico con cento alfabeti tondi latini, cinquanta corsivi e ventotto greci e la Serie di majuscole e caratteri cancellereschi, strepitosa esaltazione, al limite dell’astrazione, dei suoi alfabeti. L’impronta severa, neoclassica delle lettere, connotata dal netto contrasto tra lo spessore delle aste e la sottigliezza dei filetti e delle grazie; la nuda, epigrafica composizione dei frontespizi e delle dediche; l’arioso giusto rapporto tra testo e immagini, fra riga e riga, fra chiari e scuri fanno della pagina bodoniana un prodigio di armonia e leggibilità.

Antonio Pasini, Conversazione in casa Bodoni. ca. 1795
Ferdinando di Borbone Duca di Parma e Piacenza
Parma 1751 – Fontevivo (PR) 1802
Secondogenito e primo maschio del Duca Filippo e di Luisa Elisabetta di Francia, Ferdinando assunse il titolo ducale nel 1765 a soli quattordici anni; il potere fu di fatto esercitato dal valente ministro Guillame Du Tillot almeno fino alla fine di quel decennio. L’educazione illuminata non contrastò un carattere debole e incline al bigottismo. Il matrimonio del Duca con Maria Amalia d’Austria, figlia dell’Imperatrice Maria Teresa, segnò la fine della fortuna del Du Tillot, inviso alla nuova Duchessa; il ministro venne allontanato nel 1771 e Maria Amalia riuscì ad imporre una politica filoaustriaca.
Negli anni seguenti il Borbone, succube della moglie, attuò un sostanziale ritorno al passato, esaurendo la spinta innovatrice delle riforme introdotte dal Du Tillot, senza tuttavia far cessare il suo favore per gli studi e gli intellettuali che gravitavano attorno alla corte. Il torpore in cui si assestò il Ducato fu scosso dall’arrivo delle truppe napoleoniche (a Parma nel 1799 ma già tre anni prima nel piacentino). Col trattato di Aranjuez (1801) Ferdinando fu spogliato del Ducato, assegnato alla Repubblica Francese, mentre al figlio Ludovico I andavano la Toscana e il titolo di Re d’Etruria. L’anno seguente morì improvvisamente, forse per un intrigo francese.

 

Gian Bernardo De Rossi
Castelnuovo Cavanese 1742 – Parma 1831
Sacerdote, dopo aver compiuto gli studi al Seminario vescovile di Ivrea, nel 1762 entra alla facoltà di Teologia dell’Università di Torino, iniziando così gli studi di ebraico, obbligatori per quella laurea. Subito dopo, per il suo impegno nella polemica antiebraica,  apprese anche l’aramaico, il siriano, l’arabo ed il samaritano. Per la sua grande preparazione fu chiamato a Parma nel 1769 ad insegnare lingue orientali nella neo riformata Università, e ricoperse anche la carica di Preside della facoltà di Teologia. Celebre in tutta Europa la sua ricchissima collezione di testi ebraici, manoscritti e a stampa; la preziosa raccolta fu acquistata dalla Duchessa Maria Luigia nel 1816 e costituisce oggi uno dei fondi più preziosi della Biblioteca Palatina di Parma. Bodoni stampò molte delle sue opere.

Nel 1791 Bodoni ottiene dal Duca il permesso di aprire una privata stamperia da cui uscirono in seguito tutti i capolavori della sua produzione, restando la Tipografia Reale impegnata in stampe di minor importanza e di ordinaria necessità governativa. L’officina privata di Bodoni impiegò non più di dodici lavoranti, tra compositori e torcolieri, mentre la Stamperia Reale circa una ventina. Lo stesso anno sposa Margherita Dall’Aglio, che gli sarà amorevolmente accanto tanto nella vita privata, assistendolo negli innumerevoli problemi di salute, che sul lavoro, aiutandolo con la copiosissima corrispondenza e proseguendo l’attività della tipografia dopo la sua morte.

Il 1791 è particolarmente produttivo: stampa The Castle of Otranto del Walpole, per conto del libraio londinese Edwards, le Odi del Parini e da quest’anno iniziano ad uscire dai torchi della Stamperia Bodoni le splendide edizioni patrocinate da Nicolas de Azara: i sontuosi in-folio di Orazio (Q. Horatii Flacci Opera, 1791), di Virgilio (P. Virgilii Maronis Opera, 1793) e degli elegiaci latini (Catulli, Tibulli, Propertii Opera, 1794). Il loro sodalizio era iniziato anni prima con la stampa delle Opere di Antonio Raffaello Mengs(1780), cui seguono edizioni di Anacreonte in vari formati (1784-1785-1791) dedicate proprio al ministro spagnolo.

Le edizioni per il de Azara, così come quelle sontuosissime di Tasso (La Gerusalemme Liberata, (1794), Dante (1795), Petrarca (1797), Callimaco (1792), la Britannia di Lord Hampden (1792), il De Imitatione Christi (1793), i Poems di Gray e altre di quegli ultimi anni di Ancien Régime, raggiungono l’assoluta purezza e nudità tipografica, perseguita con l’eliminazione di ogni fregio e figura. L’eliminazione delle incisioni decorative non esclude però la presenza di illustrazioni: ne è un esempio mirabile il volume delle Pitture di Antonio Allegrinel Monistero di San Paolo (1800), con le magnifiche tavole a sanguigna incise da Francesco Rosaspina, che fecero conoscere per la prima volta il capolavoro del Correggio rimasto nascosto fino ad allora.

 

José Nicolas de Azara
Barbuñales 1730 – Parigi 1804

Abile diplomatico, fu ministro plenipotenziario di Spagna presso la Santa Sede. Amante delle arti e letterato, fondò una società archeologica, ebbe l’incarico da Pio VI di sistemare il Museo Pio-Clementino, fu membro di varie Accademie tra cui quella di Belle Arti di Parma. Amico e mecenate di vari artisti tra cui Canova, Winckelmann, Anton Raphael Mengs (di cui pubblicò l’opera coi tipi bodoniani), de Azara diventò fin quasi allo scadere del XVIII secolo il  principale consigliere e mecenate di Bodoni, al quale offrì prima di diventare stampatore di corte a Madrid, poi di trasferirsi a Roma presso di lui per lavorare all’edizione dei classici latini.

Oratio Dominica in CLV liguas versa, Parma, typis Bodonianis, 1806

Con l’arrivo dei francesi nel 1796-97 e l’annessione del ducato nel 1802 direttamente alla Francia, a Bodoni non mancarono prestigiose protezioni e commissioni da parte della nuova aristocrazia napoleonica. Furono l’occasione per intraprendere pubblicazioni di grande impegno tipografico come l’Inno a Cerere di Omero con dedica a Francesco Melzi d’Eril (1805); il Bardo della Selva Nera del Monti dedicato a Napoleone (1806) e, nello stesso anno, la Descrizione del Foro Bonaparte progettato da Antolini e l’Orazio Dominica dedicata al viceré Eugenio Beauharnais; l’Iliade greca (1808) in tre volumi amplissimi con dedica a Napoleone, monumento tipografico inarrivabile; il Cimelio tipografico Pittorico offerto agli Augustissimi genitori del Re di Roma che riprende i 40 Scherzi poetici pittorici di Giovanni Gherardo de Rossi stampandoli in quaranta differenti caratteri entro uguale spazio, vero tour de force tipografico. A questi insuperati monumenti tipografici si aggiunsero le ultime fatiche, i classici francesi per l’istruzione del figlio del re di Napoli Gioacchino Murat (Fénelon nel 1812, Racine nel 1813, La Fontaine e Boileau portati a termine dalla vedova nel 1814).

Biglietto col quale la vedova Bodoni annuncia la morte del tipografo, 1813

La morte lo colse a Parma il 30 novembre 1813. L’annuncio della sua scomparsa fu dato alla città dal suono della maggiore campana del Duomo, i cui rintocchi funebri erano riservati a principi, alti dignitari e ai personaggi più illustri. Il corpo fu tumulato nella stessa cattedrale dopo le esequie celebrate il 2 dicembre, a cui parteciparono i capi del governo, della municipalità e di tutti i corpi scientifici e letterari.
La vedova portò a termine i suoi progetti, tra i quali la stampa nel 1818 del suo definitivo Manuale Tipografico, in due volumi, con la dedica alla nuova sovrana Maria Luigia. Il Manuale, frutto oltre quarant’anni di lavoro, è composto da 265 pagine di caratteri romani, 125 di maiuscole, 181 di caratteri greci e orientali, 1036 fregi, 31 contorni a pezzi mobili e 20 pagine di segni, numeri ed esempi musicali.

Duomo di Parma. Lapide funeraria di Bodoni sormontata dal busto opera di G.B. Comolli

Per intercessione del de Azara Bodoni è nominato nel 1782 Tipografo di camera di Carlo III di Spagna; nel 1793 Carlo IV aggiunge al titolo una pensione annua di seimila reali. Nel 1803 l’Anzianato di Parma gli conferisce la cittadinanza onoraria e viene coniata una medaglia in suo onore. Nel 1806 si aggiudica la medaglia d’oro del primo premio all’Esposizione di Parigi, dove aveva inviato quattordici sue edizioni. Nel 1807 viene esentato dal pagamento delle imposte come “sommo artista”. Nel 1808 riceve una pensione vitalizia da Murat e nel 1810 un’altra da Napoleone “in considerazione dei progressi che egli ha fatto fare all’arte tipografica”. Nel 1812 viene decorato con l’ordine Imperiale della Réunion.

 

Leone Antonini, Ritratto di Giambattista Bodoni, ca. 1805