Giambattista Bodoni è tra i più importanti tipografi nella storia della stampa, non solo italiana.
Fu un artista del libro, in netta contrapposizione allo stampatorie commerciale; non rientrava nei suoi interessi diffondere di un libro il maggior numero di copie possibili, bensì creare vere opere d’arte a stampa e, in questo senso, anticipò la scelta della “tiratura limitata” per aumentare pregio e rarità degli esemplari. Oggi le sue competenze sarebbero suddivise tra più figure professionali: il grafico, il tipografo, l’editore e perfino il commerciante di libri.

 

 

L’opera di Bodoni si colloca in un momento storico in cui le tecniche di realizzazione del libro tipografico, così come la sua forma, erano ormai ampiamente consolidate. Nonostante tutto, Bodoni ebbe il merito non solo di affinare le tecniche antiche, a partire da quella della fabbricazione dei caratteri, ma anche di trasformare il libro in un prodotto nuovo, giungendo a vertici di perfezione, equilibrio, eleganza, e nello stesso tempo semplicità, mai più eguagliati.

Quanto più un libro è classico tanto più sta bene che la bellezza de’ caratteri vi si mostri sola.

Giambattista Bodoni

Portò nel libro quel gusto neo-classico che, parallelamente alla sua opera, nelle arti maggiori stava imperando. Il risultato furono pagine eleganti, di una bellezza sobria ed essenziale, ottenute rifiutando il protagonismo di decorazioni e immagini per far assumere al solo carattere il ruolo di protagonista. Gli ampi margini, le interlinee generose e le spaziature studiate danno respiro e sottolineano la bellezza e leggibilità dei caratteri. A Bodoni si deve il merito di aver riportato la tipografia alla sua natura essenzialmente geometrica e di aver fatto rivivere, alleggerita, la solennità delle iscrizioni lapidarie romane.
I celebri manuali tipografici di Bodoni, i suoi campionari ricchi di centinaia di caratteri diversi negli alfabeti più svariati, le edizioni – uscite dai torchi della Stamperia Ducale e della sua Officina privata – evidenziano quanto radicale sia stata la sua «rivoluzione» nella storia dell’arte tipografica. Una rivoluzione frutto di una maniacale attenzione per ogni fase del lavoro, sempre con obiettivi di qualità ed eleganza elevatissimi: dalla scelta, e ideazione, del carattere tipografico (ancora oggi il font «Bodoni» ispirato ai caratteri da lui creati è tra i più utilizzati), alla composizione grafica, al perfezionamento delle tecniche di stampa su carte naturalmente selezionatissime, ma anche supporti speciali come seta e pergamena. Infine la stampa a colori, le legature di sobria, perfetta eleganza e i cataloghi di vendita tramite i quali Bodoni informava bibliofili, collezionisti e biblioteche delle nuove edizioni via via realizzate.

Or tutti questi caratteri ho fatti gettare io in matrici percosse con punzoni perfezionati tutti con molto amore di mano mia.

Giambattista Bodoni

«Quanto più un libro è classico tanto più sta bene che la bellezza de’ caratteri vi si mostri sola», affermava Bodoni. Di qui non solo l’attenzione ai caratteri, di sua ideazione, unici e veri protagonisti della pagina, ma anche all’impaginazione, in un perfetto e studiato equilibrio pieno-vuoto, tra il nero intenso degli inchiostri e l’avorio della pagina. Con Bodoni si può parlare di una vera e propria rivoluzione nell’arte della stampa, ruolo di cui lui stesso era consapevole, tanto da affermare orgogliosamente che le sue edizioni avevano «introdotto una nuova armonia nella semplice e maestosa formazione de’ frontespizi, ed una migliore e più vaga proporzione nelle pagine adattate alle varie qualità delle carte e de’ formati».

Mi chiedono Ponzoni de’ caratteri. Questi sono un fondo inalienabile sinché avrò vita. […] Sono di più, dirò così, figli miei...

Giambattista Bodoni

Alcuni esempi di opere bodoniane

Oratio Dominica in CLV liguas versa
Parma, typis Bodonianis, 1806

In meno di un anno Bodoni stampò quest’opera immane, il Padre nostro in 155 lingue utilizzando ben 215 caratteri diversi tra latini, greci ed esotici. L’impresa nacque dalla sollecitazione di Papa Pio VII che il 1 maggio 1805 si fermò a Parma, dove era già passato in andata, di ritorno da Parigi (vi si era recato per incoronare Napoleone), ricevendo in udienza Bodoni.
Durante il colloquio col tipografo, il Pontefice gli parlò del dono avuto in Francia di una Oratio Dominica (il Padre nostro poliglotto), in 150 lingue, pubblicata da Jean-Joseph Marcel, direttore de l’Imprimerie Nationale, spronandolo a realizzare un’analoga edizione più ricca di lingue e caratteri.
Lo spirito di competizione e la perizia del saluzzese diedero vita a quest’opera, dove compaiono numerosi caratteri mancanti nell’edizione francese (Fenici, Tibetani, Etruschi, Gotici, Punici, etc..). Bodoni stesso scrisse delle sue intenzioni “..non tarderò ad esporre al pubblico il risultato delle mie fatiche e della mia perizia tipografica colla riproduzione dell’Orazione Domenicale in 155 lingue diverse da me intrapresa a solo oggetto di comprovare alla colta Europa che l’Italia non è ancora in quello stato di decadimento nelle arti e nelle lettere in cui si sforzano di andar blaterando i maligni ed invidiosi oltramontani”.
L’opera è dedica al viceré Eugenio di Beauharnais.


Homerus
Ilias tomos protos [-tritos]
Parmae, typis Bodonianis, 1808

In tre volumi in folio, curata dal grecista Luigi Lamberti, è l’opera più monumentale di Bodoni. Ne realizzò due esemplari su pergamena di Baviera, uno per Napoleone (ora alla Bibliothèque Nationale di Parigi), il secondo offerto al Vicere d’Italia Eugenio di Beauharnais (dal 1929 presso la Biblioteca Palatina di Parma).
Il progetto, già ideato nel 1803, si concluse con la stampa avvenuta da maggio 1807 a dicembre 1808. La lunga gestazione si spiega con la pubblicazione, nel 1805, dell’Inno a Cerere (saggio di prova per l’Iliade), con la necessità di fondere una straordinaria quantità di nuovi caratteri greci e di battere le matrici dei caratteri insieme agli spiriti, con le difficoltà nel procurarsi la pergamena per le stampe destinate a Napoleone e a Beauharnais, oltre che alle lungaggini del Lamberti nella predisposizione del testo.


Manuale tipografico del cavaliere Giambattista Bodoni
Parma, presso la vedova, 1818

Composto da cento caratteri latini tondi, 50 corsivi e 28 greci.
Si tratta del Manuale più completo a cui il tipografo lavorava già da diversi anni, ma che non riuscì mai a terminare (verrà pubblicato postumo dalla vedova). Diviso in due volumi, il primo contiene i caratteri cancellereschi, inglesi e le maiuscole latine (solo di queste vi sono 108 pagine, con corpi differenziati talvolta solo di pochi decimi di millimetro); il secondo è composto dai caratteri greci, esotici, gotici e russi, oltre a numerosissimi fregi e dai caratteri per la musica.
Nella lunga prefazione Bodoni spiega i canoni della sua estetica, le doti fondamentali che una famiglia di caratteri deve avere  (“Tanto più bello sarà dunque un carattere, quanto avrà più regolarità e nettezza, buon gusto e grazia”) e il principio per cui una bella stampa non deve limitarsi a piacere finché è nuova ma sopravvivere al gusto contemporaneo nel quale viene prodotta.